Cookie Consent by Free Privacy Policy website Chiese e conventi - Turismo Baschi
Eremo della Pasquarella
A 13 km dal Baschi sulla SS 448, incastrato in mezzo a rocce e fitta vegetazione, nella gola del Forello, viene segnalato come "Centro escursionistico della Pasquarella" andando verso Todi. Vi si celebrano tre feste l'anno: l'Epifania, la domenica in Albis, e l'ultima domenica di maggio. La sua costruzione risale all'XI sec. Il nome Pasquarella deriva da piccola Pasqua o prima Pasqua dell'anno, l'Epifania. Le leggende intorno alla sua origine sono diverse: la più diffusa è quella, secondo la quale, alcuni abitanti di Acqualoreto, trovata l'immagine della madonna, la portano nella chiesa parrocchiale. Dovettero fare ciò più volte perché la Madonna ritornava sempre sul greto del fosso. Fu nel 1873 che Don Giuseppe Bernardi riuscì a riaccendere la devozione per la Madonna della Pasquarella. E nel 1880 riedificò il sacro edificio. Nel suo libro sulla storia della M. Vergine della Pasquarella, Don Bernardi parla di un fenomeno miracoloso: il sudore della Madonna e del Bambino. Fenomeno ripetutosi più volte alla sua presenza tra il 1890 e il 1900 e sempre il giorno dell'Epifania, indipendentemente dal clima, dalla piovosità e dal pubblico presente.
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Convento di Sant'Angelo di Pantanelli
Il convento di S. Angelo di Pantanelli dista da Baschi 2 Km ed è situato sulla statale 448 Baschi-Todi. Alla sua fondazione prese parte personalmente San Francesco (1216. In prossimità del convento si trova la grotta in cui il santo dimorò, e lo scoglio sul Tevere da cui parlò ai pesci. Ospiti del convento furono Jacopone da Todi, che qui compose varie laudi, tra cui la celeberrima "Stabat Mater". Nella chiesa sono sepolti i signori di Baschi. Sull'altare maggiore fu scoperto nel 1973 un bellissimo affresco del 1400, raffigurante una crocefissione: ai piedi di Gesù, San Francesco, pare sia uno dei primi ritratti del Santo.
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Chiesa di San Niccolò
Nel 1576 ebbe inizio il rifacimento della chiesa di S. Niccolò (la prima risaliva al XII sec.), progettista Ippolito Scalza, "urbevetanus" (come si definisce lui stesso nella firma apposta sul gruppo marmoreo della Pietà, che si trova nel Duomo di Orvieto), il quale seguì personalmente i lavori per circa 10 anni; soltanto nell'ultimo periodo fu sostituito da Antonio Carrarino, durante la costruzione del campanile. S. Niccolò è il primo edificio religioso dello Scalza. La chiesa ha un'intonazione toscana sia all'interno che all'esterno. Le chiese a cui fa riferimento sono il San Salvatore al Monte di Simone Pollaiolo (detto il Cronaca) a Firenze, la chiesa di Santa Maria in Gradi ad Arezzo di Bartolomeo Ammannati e la chiesa di S. Giovannino sempre dell'Ammannati. L'interno di S. Niccolò è ad una sola aula con due cappelle; alle pareti lo Scalza propone un ordine di paraste inquadranti archi, sormontato da un attico finestrato. La pietra grigia basaltina e l'intonaco danno un'intonazione toscana, brunelleschiana. Le finestre, internamente, presentano una rifinitura da esterno, nell'impossibilità di trattare le pareti esterne che sono rustiche. Il grande arco prima del coro è di ispirazione bramantesca. Nella cappella del SS. Sacramento, a destra, un prezioso trittico di Giovanni di Paolo, senese (1440), rappresenta la Madonna, S. Nicola e un altro santo. Sotto l'altare riposa il corpo di S. Longino, compatrono del paese. Il soffitto, a cassettoni, è stato restaurato da Paolo Zampi, ingegnere orvietano, nei primi anni del 1900; precedentemente era ricoperto da un grande telo sul quale erano dipinti la Madonna tra gli angeli sopra una grande nuvola e S. Nicola in basso. Sopra la porta centrale, nel 1700, fu posto un bellissimo organo; la spesa fu sostenuta dalla Confraternita di S. Bernardino con un contratto del 20 ottobre 1777, che commissionava lo strumento alla ditta F. lli Fedeli di Camerino. Costò 186 scudi e 81 baiocchi. L'organo conta 500 canne ed è a una sola tastiera; è uno strumento piccolo, destinato, come tutti gli organi del XVIII sec. in Italia, all'accompagnamento del canto corale, a differenza dei ricchissimi organi delle chiese del nord Europa, alcuni dei quali contano anche 5 tastiere. Per quanto riguarda la facciata, ecco come viene osservata dall'architetto Renato Bonelli, di Orvieto (autore di molti testi e studi, alcuni dei quali riguardanti il Duomo di Orvieto): "...armonia felice nella zona inferiore; purezza di linee, purezza compositiva e di disegno: una facciata disegnata che pian piano sfuma in alto in una diversa plastica. In basso la trabeazione corre rettilinea, non ha risalti, ha solo un risalto d'angolo, invece in alto la trabeazione è rotta più volte in corrispondenza del timpano secondario e delle lesene superiori. Quindi la facciata man mano che marcia verso l'alto si sfrangia, si articola, ha delle variazioni che contribuiscono a darle slancio. Le porte hanno un'aria fiorentina, sembrano disegnate da un toscano". (Conferenza ISAO-1989) Le porte, le nicchie, le guglie della facciata sono aderenti al lessico sangallesco. La chiesa era in sintonia con le formulazioni del Concilio di Trento.
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